Lo sviluppo secondo Piaget


Al giorno d’oggi, più o meno ingenuamente, sono molte le persone che si interessano di educazione e psicologia. Definizioni come “stadio”, “evoluzione”, “resilienza” o “crescita” si sono pian piano ritagliate il loro posto nel vocabolario comune e le utilizziamo per descrivere i nostri stati d’animo, le nostre capacità di adattamento e per spiegare i diversi momenti della nostra vita.
Ma conosciamo davvero l’origine di questi termini?
Cominciamo dicendo che molti vocaboli, a seconda del loro contesto di utilizzo, hanno un significato diverso; è importante, quindi, cercare di capire dove e come stiamo utilizzando una certa parola.
Oggi vorrei parlarvi del termine “stadio”, e del suo significato in materia di educazione, per poi introdurre, relativamente al termine di oggi, il lavoro di Jean Piaget.



Come si può vedere dall'immagine, è il contesto in cui utilizziamo una parola a darle pieno significato. La definizione che ci interessa oggi è la seconda, quella relativa ai processi e alla crescita.
Quando si parla di stadio in educazione, ci riferiamo ad esso come ad un periodo limitato entro il quale l’individuo può o dovrebbe possedere determinate qualità o capacità.
Nel corso del Novecento, che è il periodo a partire dal quale la società ha iniziato a prestare davvero attenzione alla salute mentale, alcuni psicologi e pedagogisti hanno cominciato a concepire lo sviluppo della persona come un processo molto lungo, che parte dal grembo materno e arriva fino alla vecchiaia. Molto spesso però, questa crescita si può percepire meglio se facciamo dei confronti con il passato (magari con l’aiuto di una foto o di vecchi vestiti).
Per rendere questo sviluppo più facile da vedere e da gestire, e per rendere l’intervento educativo più preciso nel tempo, i ricercatori hanno fatto grandi sforzi per trovare delle tappe nel percorso, individuando quadri normativi (ovvero un insieme di abilità e comportamenti che si ritrovano tipicamente in una certa età). Queste fasi, alle quali ci si riferisce ufficialmente con il nome di stadi, costituiscono uno strumento utilissimo per professionisti e non, in quanto consentono di comparare lo sviluppo del singolo bambino con uno standard di riferimento.
Uno dei primi esperti a fare ricerca in questa materia è stato Jean Piaget, psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero. Avendo dedicato moltissimo tempo allo studio dei processi cognitivi (cioè il modo in cui il cervello acquisisce ed elabora informazioni sull'ambiente, per poi farne modelli di comportamento), è visto come uno dei fondatori dello studio sulla conoscenza e sullo sviluppo (epistemologia genetica).
Le sue ricerche (condotte osservando molto attentamente i figli) hanno costituito la base per tantissimi lavori successivi, che hanno portato diversi punti di vista interessanti sullo sviluppo del bambino. Nello specifico, a lui si deve l’elaborazione della “teoria degli stadi”
Cosa ci dice?
Secondo questa visione, il bambino nasce con un patrimonio genetico che fa da base sia alla maturazione biologica (altezza, peso e altre caratteristiche fisiche) che a quella mentale. La crescita è disegnata dall'incontro tra strategie innate e rapporto con la realtà. Da questo incontro, e attraverso le esperienze, le strategie iniziali (quelle innate) non solo cambiamo, ma diventano sempre più complesse.
In che modo si evolve l’individuo?
Secondo l’autore esiste una forte correlazione tra sviluppo fisico e mentale, che procedono in modo correlato basandosi su due processi:

 

                    Assimilazione: Quando viene inserito un nuovo elemento negli schemi comportamentali (la                presa di un nuovo oggetto, diverso dal solito, per richiamare l’attenzione);
-       Accomodamento: Il cambiamento della struttura di pensiero o delle strategie per far spazio al nuovo schema (per tenere in mano qualcosa di differente dovrò adattare il mio modo di prendere in mano l’oggetto)
In questo modo, pian piano, la persona riesce a costruire i propri schemi mentali, rendendoli sempre più complessi.

Quali sono quindi gli stadi di crescita?
-       Stadio senso-motorio (0-2 anni)
-       Stadio preoperatorio (2-6 anni)
-       Stadio operatorio concreto (6-12 anni)
-       Stadio operatorio formale (da 12 anni in poi)

Stadio Senso-motorio
Durante i primi due anni di vita (Berti & Bombi, 2005), iniziano a svilupparsi capacità come Intelligenza, permanenza dell’oggetto, nozioni di tempo e spazio, memoria, attenzione e problem solving. Lo spunto interessante che ci danno gli studi di Piaget, però, non è limitato al “quando”, quanto invece al “come” della formazione della persona. Durante i primi diciotto mesi, infatti, si è osservato che i bambini interagiscono con l’ambiente solo mediante la percezione e le azioni, dato che non sono ancora capaci di evocare oggetti o eventi non presenti a livello percettivo (ad es. la capacità dell’essere umano di rielaborare le situazioni attraverso la memoria). In questa fase, quindi, le interazioni dell’infante con l’ambiente saranno limitate a percezioni e azioni motorie guidate da schemi senso-motori, ovvero piani d’azione che “incollano” i movimenti e le sensazioni.

Stadio Preoperatorio
In questa fase le azioni, legate precedentemente alle sole percezioni, vengono interiorizzate e riorganizzate per formare schemi mentali che consentono all'individuo di rappresentare mentalmente gli oggetti e gli eventi. In testimonianza di questo, abbiamo la comparsa di:
-       Linguaggio;
-       Gioco di finzione (non più solamente esplorativo);
-       Disegno.
A livello sociale, però, abbiamo ancora dei grossi limiti. L’egocentrismo intellettuale, cioè l’incapacità di differenziare il proprio punto di vista da quello degli altri, limita fortemente la possibilità di fare esperienze attraverso la cooperazione con gli altri.


Stadio operatorio concreto
In questo stadio, che va dai sette agli undici anni circa, il grande limite dell’egocentrismo intellettuale viene parzialmente superato, consentendo la possibilità di integrare nuovi schemi di pensiero e di azione attraverso l’interazione con gli altri. Anche molti dei limiti motori presenti negli stadi precedenti vengono sorpassati grazie alla coordinazione degli schemi mentali in strutture organizzate.
Rimangono però dei limiti nella capacità di risolvere problemi astratti, ovvero tutto ciò che non è visibile o manipolabile (questa è una caratteristica molto importante, perché ci dice in che modo possiamo presentare le richieste per renderle efficaci).

Stadio operatorio formale
L’ultima tappa piagetiana, quella che costituisce il punto di partenza per lo sviluppo definitivo, sia sociale che operatorio.
In questa fase, infatti, è possibile:
-       Risolvere problemi formulati solo verbalmente e/o in modo astratto (ecco il perché dell’algebra solo in terza media);
-       La completa interazione con i pari e non, resa possibile dall'integrazione negli schemi di azione delle competenze sociali.
Con questa fase si dà come completata la base evolutiva dell’individuo. Da questo punto in poi, quindi, tutto il lavoro educativo potrà essere organizzato su un livello più astratto e complesso, anche attraverso tecniche come la negoziazione, la riflessione, il contatto indiretto o le conseguenze logiche.

Ora, immaginiamo di dover costruire una casa:
Ognuno di questi stadi si consolida utilizzando come mattoni le abilità presenti in quello precedente e così via, organizzandole in modo sempre più complesso. Viene da sé, quindi, che non è possibile il susseguirsi degli stadi con un ordine diverso, o che uno di essi venga saltato a piedi pari per passare a quello successivo.
È però importante capire che, quando parliamo di esseri umani, non sempre gli schemi rigidi vanno presi alla lettera; gli stadi di Piaget, infatti, pur essendo schematizzati per motivi di organizzazione e semplificazione non vanno intesi come immobili. Potrà capitare quindi che, da bambino a bambino, i tempi del passaggio da uno stadio all'altro siano leggermente diversi o che, per esempio, un individuo presenti delle competenze verbali superiori a quelle di un altro, che però a sua volta potrebbe avere una capacità di percezione degli spazi più sviluppata ecc. la presenza di variazioni all'interno degli stadi, quindi, per ammissione dello stesso autore, non consente una costanza di tipo assoluto.

Tabella riassuntiva degli stadi

Stadio
Caratteristiche
Sensomotorio (0-2)
Il bambino comprende il mondo dal punto di vista sensoriale e motorio. Il gioco con cui è a contatto è come lo sente al tatto, come appare quando lo osserva.
Preoperatorio (2-6)
Compaiono il linguaggio, l’immaginazione e il disegno. Rimane l’egocentrismo intellettuale, il bambino è incapace di collaborare.
Operatorio concreto (6-12)
Grande sviluppo della logica, capacità di svolgere complesse operazioni mentali, rimanendo però aggrappati al concreto, allo specifico. L’egocentrismo è ormai abbandonato e si lavora cooperando.
Operatorio formale (12-99)
Il bambino è capace di manipolare idee, eventi e gestire concetti complessi. Può immaginare e immaginarsi in situazioni non ancora avvenute, organizzare le cose e pensare in modo deduttivo (giungere a conclusioni da presupposti logici).






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